domenica 8 gennaio 2012

Ogni volta che torno

un post che parla del ritorno, a poche ore da una nuova partenza




Domani partirò da qui e a breve tutto quello che scriverò sarà valido forse solo per la volta successiva che tornerò. O forse non conterà già più niente.
Cambia tutto, ogni volta che torno.
Non c'è niente che davvero mi faccia stancare di questo posto, solo che mi carico di informazioni e racconti e memorie e arriva sempre il momento in cui non posso metterne più sulle mie spalle e allora mi dico che devo andare, carico come un mulo.
Ogni volta che torno è una discesa negli inferi e nelle cose che non so, è lo scavare alla ricerca di una parte di me preziosa, di qualcosa che deve esserci se in superficie ci sono io: qualcosa prima di me - che per me vale molto - esiste. Ogni volta che torno chiedo per sapere e non per avere. Faccio come posso, non vorrei mai distruggere gli equilibri che si sono creati nella testa di mio padre, di mia madre, di mia sorella, di mia nonna. Ma io devo per forza capire come mai loro sono così come sono, per tollerare l'Andrea che ne è risultato, per riniziare a volermi bene, per smetterla di cenare due volte come se a riempirmi fossero due pasti ravvicinati invece che una qualche forma d'amore.
Ogni volta che torno posso far vedere i miei traguardi (se ve ne sono) e le mie nuove debolezze (se ve ne sono, ma lo scrivo solo per par condicio).
Sono le nuove ferite e le nuove cicatrici che dovrebbero farmi sentire fiero di me come un bambino di sei anni che cade dalla bicicletta e si sbuccia le ginocchia.
Ad una certa età, però, pare che sbucciarsi non sia più consono, anzi forse non è più socialmente accettato.

È che sto affogando
e mi dicono di fidarmi, ché andrà meglio,
mentre non c'è neanche un salvagente e mi ricordano che la soluzione è saper nuotare.


Ogni volta che torno sembra che sia meglio arrampicarsi su un albero, magari un sicomoro, invece di farsi un bel giro in bicicletta. Si tratta sempre di un gioco da bambino, ma se si cade si rischia di più perché pare che rischiare sempre di più sia sinonimo di crescita.
Io non ci credo mica che per essere un adulto devo raddoppiare sempre ciò che rischio. Io se potessi non lo farei mai.
Ogni volta che torno vorrei lasciare ogni cosa e isolarmi, altro che raddoppiare.
Ogni volta che torno cerco di ridistribuire le responsabilità per sopravvivere e sentire le mie radici ma anche la mia chioma.
È che è faticoso, è vivere tra appercezione ed estasi e se ce la faccio ancora è a caro prezzo.

È che adesso ho il sospetto
che invece di scappare dall'acqua che rischiava di farmi affogare
io mi stia arrampicando sempre più in alto per fuggire da tutti.

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