venerdì 26 novembre 2010

"Tutto Su Mia Madre" in scena all' Eliseo: il trionfo dell'extimità

Lo spettacolo inizia lentamente ed è subito chiaro che non si tratta più di Almodovar. Nessuno aveva aspettative così alte ma speravo che non venisse denaturata la natura di alcuni personaggi.
Il ruolo di Agrado, assegnato ad Eva Robin's, cambia. Forse in pochi se ne rendono conto ma non si tratta più di un transessuale spagnolo: siamo di fronte ad un transessuale italiano e non è cosa da poco perché presto mi sono accorto che le "battute" - alcune ben riuscite, altre meno - sembrano pensate apposta per un pubblico tutto italiano, cresciuto a pane e bagaglino. Non mancano le volgarità gratuite e a colpi di parolaccia ( tra cazzi e vaffanculo ) il pubblico ride beato. In pochi si accorgono che il film, anzi la sceneggiatura del film, è un insieme di intimità mentre qui l'intimità appare e scompare. E' bella la scelta di impiantare lo spettacolo sul monologo di Agrado che a mio avviso è la parte più densa e allo stesso tempo scorrevole e fruibile della sceneggiatura del film, ma la sceneggiatura teatrale perde l'intimità in favore dell'extimità. Molto è buttato in pubblica piazza e sbandierato. Che si tratti di scene d'amore / passione tra Huma ( Alvia Reale ) e Nina ( Giovanna Mangiù ) con baci e pomiciate spesso superflue o di battute su cazzi e fellatio.
Molto bella ed intensa è l'interpretazione di Silvia Giulia Mendola nel ruolo di suor Rosa: il personaggio va in scena con garbo ed eleganza, col giusto pudore e la giusta carica esplosiva, tutta liberata poi in quella che resta, a mio parere, la scena più bella della serata ovvero l'incontro a casa di Manuela ( Elisabetta Pozzi ) tra tutte le donne protagoniste dello spettacolo. Geniale e suggestivo è l'utilizzo delle quinte e delle proiezioni su schermo nonché l'idea del "teatro nel teatro" che accompagna lo spettatore in una sorta di dimensione metateatrale.
Ammetto che non era facile portare in scena qualcosa di così denso e corposo come la creazione di Almodovar e per questo apprezzo i tentativi di alleggerire lo spettacolo con le battute e l'ironia ma assottigliare la linea di confine tra tragedia e commedia è qualcosa di molto rischioso: ieri sera mi sono reso conto che il pubblico del teatro non è stato sempre in grado di discernere e spesso sono scoppiate risate durante momenti altamente drammatici.
Di sicuro è stato uno spettacolo piacevole una volta assunta l'impostazione mentale italiana ed è stato bello vedere il teatro quasi pieno. All'uscita però ( e a tratti anche durante lo spettacolo ) viene voglia di rivedere la pellicola di Almodovar, così se prima si potevano avere incertezze sulla preziosità del film adesso queste sono svanite nel nulla con la consapevolezza rafforzata che l'artista spagnolo ha creato nel '99 un capolavoro ad oggi imbattuto.

martedì 16 novembre 2010

salvami sul desktop

Quando passano tanti mesi dall'ultimo scarso intervento capita di chiedersi se questo blog serva davvero a qualcosa. Dal momento che ciò che faccio - me lo sono ripromesso circa ad inizio settembre - deve essere utile a me solamente senza toccare né ledere gli altri, mi è venuto natuale chiedermi se a me effettivamente serve a qualcosa. Continuando ed arrivando a dire che non tutto deve avere per forza un'utilità mi sono interrogato ulteriormente per chiedermi se almeno mi procurava diletto. La risposta è stata negativa: questo posto mi da dispiacere perché spesso ne avrei avuto bisogno in questo periodo o per lo meno sarei potuto passare qui e dirmi che le cose andavano bene o male o normalmente ed invece ho preferito tacere.
Le turbe nell'urbe non sono affatto finite, sono disordini e non me ne sono liberato affatto. Anzi potrei giurare che sono davvero ciò che mi è rimasto del passato ma allo stesso modo posso quasi declassarli perché mi rendo continuamente conto che sono comuni davvero a molte persone, diventando quindi parte dei normali comportamenti o quasi di una sorta di cultura contemporanea tranquillamente condivisa.
So che l'attenzione in ogni cosa va via via scemando se non spunta fuori un problema a caso in ogni cosa, che si tratti di un telefilm come di un libro come di vita reale o virtuale quindi vuoto il sacco: il problema è che io ho imparato davvero a non dover più soddisfare necessariamente gli stimoli cercando risposte o peggio improvvisandole. Ho imparato a fermarmi e stare dove mi piace stare. Sappiamo tutti benissimo che questa è la soluzione e continuerebbe ad esserlo se non fosse l'opposto di ciò che accade tra i più.
Da qui, dove mi piace stare, è tutto molto irreale e suggestivo e mi piace trovarmi imbottigliato nel traffico del lungotevere subito dopo una pioggia intensa e guardare al lato mentre tutti guardano davanti perché devono correre e arrivare in tempo e sbrigarsi perché vogliono fare. Al fare preferisco il gustare e scoprirmi piacevolmente sorpreso nel trovare una coppia che gioca a nascondino tra le macchine parcheggiate o due ragazze che si scambiano i cappotti per scambiarsi anche un po' i ruoli e non solo le responsabilità. Dove tutti vedono gli stop accesi delle automobili e i semafori a scandire la vita io mi sento privilegiato perché posso vedere la purezza e l'innocenza. Mi piace stare al lato passeggero.
All'università sono risorto per la seconda volta e a parte parlare dei due corsi che sto seguendo mi piacerebbe parlare dell'esame di estetica che voglio dare da non frequentante. Il numero dei libri da fare e la mole di concetti da apprendere un po' mi scoraggiano. La mole (ex grammomole, simbolo mol; il simbolo della grandezza quantità è n) è una delle sette unità di misura fondamentali del Sistema Internazionale. Misura la quantità delle sostanze. Non mi piace affatto parlare di sostanze perché ciò mi connette inevitabilmente alle biotecnologie. Mi piacerebbe parlare di Sostanza ma forse non sono ancora pronto e allora parliamo dei problemi, così la curva d'attenzione può tornare nuovamente a salire: l'appello dell'esame è a dicembre e il caso vuole che io abbia già prenotato voli ed alberghi per andare ad assaggiare la Spagna. Ne parlavo giusto stasera: se non ci fossero stati questi problemi ad impedirmi di sostenere l'esame probabilmente avrei compensato io e ne avrei creati alcuni, magari con qualche attacco di panico e avrei risolto tutto. Un anno fa, oggi no. Oggi avrei provato comunque, senza aspettative a frenarmi o inibirmi. Mi piace darmi una chance e se sono risorto due volte sono sicuro che non dovevo crepare davvero quando tutto sembrava dirmi di sì. Mi piace stare dove non ci sono aspettative ma desiderio.
In questo status voglio darmi dei segnali di ripresa. E poco mi importa che siano di ripresa effettiva o apparente. Se si trattasse di una ripresa apparente sarei sereno lo stesso perché apparenza è chiarezza ed evidenza. Molto spesso chi vuole rimettersi in gioco sceglie di dare un taglio ai propri capelli. Lo stesso ultimo post prima di questo forse parlava di attesa da impegnare prima di andare a tagliarsi i capelli. Una situazione molto ansiogena quindi. Adesso quest'ansia non è presente e non è una mancanza perché non si tratta di un ricordo ma di un'impostazione mentale molto rigida con la quale amavo punirmi e che provo oggi a non sentire più mia. Ho pensato che potrei formattare il mio computer per darci un taglio ma siccome non sono così coraggioso ho anche pensato che magari domani telefono e prenoto un taglio per i miei capelli. Mi piace essere reale, tangibile e voglio smetterla di giocare alla persona impalpabile.
Mi piace stare nei computer e nel cuore e sentirmi salvo e salvato ed è per questo che la frase più romantica che sono riuscito a pronunciare è stata: salvami sul desktop.

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