venerdì 25 maggio 2012

Una persona a metà


ovverosia imparare come essere padroni di sé



Mi dicono di prepararmi ad aspettare, aspettare il meglio, aspettare il peggio.
Sarà un lavoro di resistenza. Mi dicono: una guerra. Rispondo: un amore.
E quindi siamo nella settimana post-sogni lucidi, incubi spaventosi, crisi.
Adesso non devo fingere di non vedere le tenebre, anzi devo ammettere la loro esistenza reale. E poi me ne devo allontanare con nonchalance, rifiutandomi di scendere in guerra contro/dentro di loro. Guadare nel pozzo senza caderci.
Per parlare degli incubi, basterebbe guardare lo specchio senza specchiarsi davvero mai. Stare sulle sponde del lago senza mai tuffarsi. Percorrere il sentiero nel bosco senza mai addentrarsi. Tre cose che nei miei sogni ho invece puntualmente fatto, ritrovandomi a sputare denti e sangue davanti allo specchio, affogando in un lago melmoso mentre gli altri camminavano sulle acque, finendo nel bosco e ritrovandomi solo nel posto sbagliato al momento sbagliato.
La verità è che ho paura. La verità è che gli incubi hanno ragione. La verità è che mi sento una persona a metà. Ché ogni paragone è un fallimento, ché non combatto perché mi sento già sconfitto, ché le metafore non funzionano più.
Mi vogliono magro, giovane, meno trascurato, reattivo, avventuriero. E invece mangio male e per dimenticare, gioco al vecchio per non sentirmi sempre fuori luogo e fuori tempo, non rispondo delle mie azioni, perdo le responsabilità per strada, preferisco le certezze.
Tutto questo è funzionale. Lo è finché non fa sgretolare tutto il resto.
Ora io non mi sento una persona negativa anche se mi leggete solo quando mi lamento (ma lo faccio per sopravvivere e poi dopo dei post del genere riparto, generalmente, spinto dall'autoironia, dalla voglia di rimettermi in gioco, di puntare di nuovo tutto quello che ho).
Mi sento capace, in potenza. Mi sento in grado. Mi sento sprecato. Mi sento anche un po' goffo nonostante le esperienze (perché ogni volta si riparte, sì, ma da un punto diverso e sconosciuto, da una strada mai percorsa prima d'ora).
Tutto quanto deve tornare ad essere funzionale e pure sano.
Posso farlo, posso passare lungo un dirupo senza scivolare. Senza caderci anche questa volta. Posso percorrere un tunnel anche tutto d'un fiato, senza fermarmi a pensare a quanto stretto, buio e terribile sia.
Sono già magro, sono già giovane, sono già oggi meno trascurato di ieri, non sto giocando al vecchio ma a quello che ha la mia età, sto già rispondendo di tutto.
Sono già meglio.

Sono già un po' più salvo perché i miei problemi, in potenza, sono metodo. 
E mi sento già un po' più salvato da me stesso, capendo che non mi fa bene essere una persona a metà perché non c'è niente da fare:
nessuno sa amare davvero chi non si ama.
Sarà un lavoro di resistenza, non una guerra ma un amore.

giovedì 3 maggio 2012

Volevano migliorare la mia vita


Quando mi hanno detto che sarebbe andata così, cosa volevano davvero per me?



Quando la prossima volta mi chiederanno cosa faccio nella vita, probabilmente inizierò a rispondere che cerco di rendere sopportabile e piacevole ogni giornata, infischiandomene delle responsabilità - è vero - ma sempre con un obiettivo ben preciso: non stare male.
Quando la prossima volta mi diranno che il mio obiettivo è una fregatura perché - cercando di non stare male quotidianamente - mi guadagno l'ansia eterna, non saprò cosa replicare senza stare male.
Certe mattine mi sveglio dopo aver sognato alluvioni e paesaggi ancestrali e sto semplicemente male, sogno di essere l'unico dinosauro tra la folla di esseri umani, sogno di sentirmi alienato e vengo lapidato dagli umani che mi scacciano come se io fossi un mostro cattivo e mi allontano da loro, cercando rifugio in un bosco. E in punto di morte, mentre mi accascio al suolo con le palpebre e il corpo pesanti, vedo altri dinosauri che mangiano foglie, piante ed erbe di un bel colore verde vita.
Questo io sono davvero e temo che - dopo aver detto ai quattro venti che sono immune e che non ho sensi di colpa - in realtà io ne sia colmo.
Io devo iniziare a sgretolare l'immagine ideale che mi è stata presentata a sei anni e devo crearne una mia, solo mia, molto ridimensionata, molto contestualizzata, con meno rigidità e con più clemenza.
Ho bisogno di essere clemente, ho bisogno di smetterla di punirmi così. Devo smetterla di usare il senso di colpa mascherato a mo' di punizione per espiare le mie colpe.
Quando dico di non avere sensi di colpa, devo ricordarmi che ne ho parecchi e che se non li avverto è soltanto perché continuo ad usarli per continuare a sbagliare sentendomi limpido. Quando faccio così, è allora che inizia a non cambiare nulla.
Quando la prossima volta mi chiederanno cosa faccio nella vita, probabilmente dovrò iniziare a rispondere che cerco di smantellare l'immagine ideale che è legata a me e che mi porto dietro in ogni momento. Probabilmente potrò iniziare a rispondere che mi sto liberando della parte ipercritica di me.

Quando ho detto loro che sarebbe andata così, cosa volevo davvero per me? 
Voglio migliorare la mia vita. 

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