tag:blogger.com,1999:blog-3255526444856265152024-03-14T10:38:07.093+01:00LE TURBE NELL'URBEuna vita tra appercezione ed estasiAndrea Perhttp://www.blogger.com/profile/02157775987778973684noreply@blogger.comBlogger26125tag:blogger.com,1999:blog-325552644485626515.post-11340361489764650462013-06-02T19:39:00.001+02:002013-06-02T19:43:03.352+02:00La strada dei roviperché sono triste quando non mi sento felice e non è ovvio come sembra <br />
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Quando ho deciso di rimettermi in gioco è perché avevo capito che ero finito fuori gioco. <br />
Quando ho capito d'essere finito fuori gioco ho dovuto impastarmi la faccia e le mani nel pasticcio che avevo creato, nel modo sbagliato di interpretare i gesti degli altri, la realtà e la mia vita. <br />
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<i>Quando sono triste, l'ho capito oggi, è perché non mi sento felice e non è una cosa da poco. </i><br />
<br />
Allora ho dovuto, per forza di cose, chiedermi come mai io non mi sentissi felice e ho capito che è perché non sono soddisfatto di come sono, di quello che sono o di quello che faccio. <br />
Davvero è una questione all'inizio imbarazzante l'ammettere le proprie frustrazioni ma credo, anzi ne sono certo, che la serenità passi per questa strada stretta e piena di spine. <br />
<br />
Ogni volta che sto camminando, cercando di andare avanti o di raggiungere le persone che amo, una spina mi graffia. <br />
Ai miei occhi mi sfregia. <br />
Ai miei occhi un graffio è una ferita e qualche goccia di sangue diventa un'emorragia. <br />
Ai miei occhi la ferita mi darà una cicatrice e inizio a disperarmi per questa cosa. <br />
<br />
In breve, è questo quello che mi succede per ogni spina. <br />
Ma le frustrazioni sono rovi di spine, non una sola spina, e io continuo a graffiarmi e a credere di farmi solo cicatrici. <br />
Sto continuando, continuo ad andare avanti, ogni tanto mi fermo, ogni tanto posso fermarmi, ci sta. L'importante è che io voglia continuare ad andare avanti, su questa strada, non per espiare qualcosa coi dolori o le ferite, perché non c'è niente da espiare. <br />
<br />
Un nuovo ostacolo arriva quando inizio a pensare che è andando avanti che finiranno i rovi di spine. <br />
La realtà, lo so, è che questa strada stretta e piena di spine che è la vita ha rovi da un certo punto e fino alla fine. <br />
Allora ho capito, ho capito che devo smetterla di concetrarmi sulle spine e sui graffi per concentrarmi sulle more che posso trovare tra i rovi. <br />
E se penso che andare alla loro ricerca significhi perdere qualche goccia di sangue per via dei graffi, allora dovrò pensare che le energie che perderò, le rifarò ogni volta assaporando una mora. <br />
Tra l'altro, non sono certo, per niente, che le more vadano cercate. Credo che possano capitare come no, perché la natura, che è la vita, segue un corso tutto suo, di cui faccio parte ma che non posso controllare. <br />
<br />
<i>Ogni volta che sto camminando, cercando di andare avanti o di raggiungere le persone che amo, posso trovare una mora. </i><br />
<br />
Adesso l'ho capito e l'ho scritto nero su bianco. <br />
Devo andare perché mi sono già fermato ma devo rimettermi in cammino, ché la strada richiede attenzione. <br />
Devo farlo per me. <br />
<br />
<i>Quando sono triste, l'ho capito oggi, è perché mi metto a contare i graffi invece di ricordare il sapore di una mora. </i><br />
<i><br />Se ho deciso di rimettermi in gioco è perché ho capito che il gioco non è finito.</i><br />
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<br />Andrea Perhttp://www.blogger.com/profile/02157775987778973684noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-325552644485626515.post-40256812363522529882013-03-02T15:17:00.000+01:002013-03-02T15:23:05.467+01:00Ogni volta che perdo un pezzoda qualche parte si dovrà pur finire<br />
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Capita di iniziare a scrivere per caso, dopo tanti mesi di silenzio. <br />
Ogni volta che avrei voluto scrivere era per comunicare e allora ho preferito il silenzio delle parole e il suono delle sensazioni. <br />
Oggi scrivo per me, perché è riniziata una riflessione sulla mia persona e non sugli altri. <br />
Qual è il senso nell'avere gioia? Vivere mentre si percepisce, senza vivere perché si percepisce. <br />
Qual è il senso nell'avere voce? Dire quando non si deve più parlare a tutti i costi, senza dire perché si ha necessità di comunicare. <br />
<br />
Qual è il senso nell'essere una persona? <br />
Avere una famiglia, stare con qualcuno, dormire con qualcuno, sorridere, piangere, avere cura di, preparare da mangiare, rifare un letto, baciare, diventare tristi, sentirsi chiamati, essere amati, amare. <br />
Qual è il senso nell'essere un corpo? <br />
Stare bene, farsi male, curarsi, toccare, spogliarsi, vestirsi, vergognarsi, accettare, accettarsi, essere amati, amare. <br />
Qual è il senso nel perdere un pezzo? <br />
Ogni volta che perdo un pezzo,vorrei ritrovarlo. <br />
Mi piacerebbe non perdere il senso e ritrovare il frammento, fermare il momento, correggere, trovare un rimedio, poter rimediare. <br />
Ogni volta che perdo un pezzo, vorrei non averlo perso. <br />
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Mi piacerebbe essere una persona integra, senza falle, senza crepe, senza bordi graffianti. <br />
Mi piacerebbe non sentirmi in colpa per aver fatto del male, mi piacerebbe portare in alto e non affondare, non affossare mai, non essere pesante, non avere massa. <br />
Sarebbe perfetto non essere, ma sono. Siamo. <br />
Perdere pezzi è nella nostra natura. <br />
Per assurdo, perdendo pezzi cresciamo. Essere una persona è labor limae, limarsi, sottrarre. Per crescere bisogna togliere dal blocco e far venire fuori una figura sempre più definita: è altorilievo.<br />
<br />
Qual è il senso nel perdere un pezzo? <br />
Sono fatto di cose che ho perso, di pezzi che sono caduti, di persone che mi hanno lasciato, di volti scomparsi, di voci che ho dimenticato, di profumi persi nell'aria di questa città, di segreti dimenticati, di problemi messi da parte, di saluti e di saluti mancati. <br />
Sono queste le cose che mi definiscono, non essendo più. <br />
Sono questi gli attimi compiuti che si possono ripensare oggi per capire come mai rinizio ogni volta, più grande di prima, con più empatia di prima. <br />
<i><br />Ogni volta che perdo un pezzo, <br />le parti che restano acquistano valore. </i>Andrea Perhttp://www.blogger.com/profile/02157775987778973684noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-325552644485626515.post-11445369046108825172012-09-24T16:13:00.000+02:002012-09-24T16:13:24.665+02:00L'origine<br />
io nel frattempo ho solo imparato a dire che non è niente<br />
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Il primo giorno di scuola c'è la paura e l'entusiasmo. L'entusiasmo è trascurabile rispetto alla paura ma c'è, resiste in noi, nascosto e ci permette così di affrontare la paura. Più che di affrontarla, di sopportarla perché si sa che non ci sono altre scelte.<br />
Non si decide mai se affrontare o meno la paura, c'è e basta, nella vita dell'uomo è una costante.<br />
L'ultimo giorno del liceo c'è la paura e l'entusiasmo e l'incertezza. L'entusiasmo è meno trascurabile rispetto al primo giorno di scuola perché nel frattempo s'è costruito qualcosa, l'entusiasmo cresce col tempo se il tempo è sinonimo di conquiste. La paura c'è e si sopporta perché abbiamo iniziato a farci l'abitudine dopo anni di vita, è il dubbio che diventa onnipresente ed è grazie all'entusiasmo cioè a ciò che abbiamo costruito che lo affrontiamo. Al solito, non decidiamo se affrontarlo o meno perché c'è, semplicemente. Come la paura, nella vita dell'uomo è una costante.<br />
Con il tempo impariamo ad aggiungere - ad ogni cambiamento di vita o di situazioni o di scuola o di conoscenze - una costante pesante da sopportare. E più andiamo avanti nel tempo più ci scopriamo fragili. Avviene forse perché i pesi da sopportare aumentano e ci indeboliscono? O perché - fisiologicamente - va così?<br />
Ad essere degli esseri umani ci si rimette tempo e serenità perché - per assurdo - più ci allontaniamo nel tempo dal momento in cui la nostra vita, la scuola o una nostra storia è iniziata, più pensiamo all'origine, al momento in cui tutto è iniziato, al momento in cui avevamo euforia. Più ci si avvicina alla morte, più ci si interroga sul senso della vita, sul perché si nasce.<br />
Tutti a preoccuparsi di iniziare o di finire, mai uno di noi che si fermi nel bel mezzo del tutto e dica che dovremmo invece preoccuparci di costruire, di resistere al tutto e di saper rinunciare alla perfezione.<br />
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Tutto questo per dire che il primo giorno è essenziale l'euforia, ché sarà lei a farci sopportare la paura. Nel mentre, però, l'entusiasmo è piacevole ma non sempre sufficiente. Conosco persone che vivono di entusiasmi e iniziano sempre qualcosa senza mai mettere la seconda pietra sulla prima pietra.<br /><br />
La nostra vita è un campo, un pezzo di terra.<br />
Ognuno di noi ha una sorta di dovere, verso se stesso, di coltivarlo.<br />
Ognuno di noi ha la possibilità di edificare una casa, un posto sicuro per ripararsi dalle intemperie della vita.<br />
Non si può avere la pretesa di sentirsi protetti e al sicuro per sempre, posando solo la prima pietra. Per avere un tetto sopra la propria testa bisogna costruire e, almeno all'inizio, beccarsi l'acqua, tanta.<br />
Non solo vi dirò che è ovvio dire che è spiacevole ma direi anche che non abbiamo scelta.<br />
Vi dirò pure che chi comprende una piccola parte del senso della vita (che è avere un campo da coltivare) saprà usare l'acqua che gli cade sulla testa mentre si costruisce un riparo per annaffiare le piante coltivate sullo stesso campo.<br />Pioverà sempre, non di continuo ma la pioggia esiste tanto quanto il sereno.<br />Non si decide mai se affrontare o meno la paura, c'è e basta, nella vita dell'uomo è una costante. Noi possiamo solo decidere con chi affrontarla.<br />
Solo chi impara a resistere, ricordandosi che le intemperie fanno parte della vita, un giorno avrà non solo una bella casa ma pure un bel giardino.<br />
Andrea Perhttp://www.blogger.com/profile/02157775987778973684noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-325552644485626515.post-47521261451771087022012-08-04T13:06:00.003+02:002012-08-04T13:06:26.930+02:00Perso nella realtà<br />
<span style="font-family: Georgia, serif; line-height: 21px;">essere una lampada, una scialuppa di salvataggio o una scala</span><br />
<span style="font-family: Georgia, serif;"><span style="line-height: 21px;"><br /></span></span><br />
<span style="font-family: Georgia, serif;"><span style="line-height: 21px;"><br /></span></span><br />
<br />
<span style="font-family: Georgia, serif;"><span style="line-height: 21px;">Nella realtà in cui sto vivendo, le persone stanno impazzendo. Leggono la realtà con dei filtri che io non ho più e se questi filtri sono condivisi da tutti, non solo permettono di vedere le cose diversamente ma le modificano attivamente. Quindi io mi ritrovo a guardare cose e situazioni plasmate da filtri che non posseggo più e mi sento perso. </span></span><br />
<span style="font-family: Georgia, serif;"><span style="line-height: 21px;">Mi piace sempre pensare che la colpa sia dei posti o del tempo e invece non è mai davvero così. </span></span><br />
<span style="font-family: Georgia, serif;"><span style="line-height: 21px;">Non è che ho certe turbe perché sono nell'Urbe in questo istante. Sarebbe uguale in altri posti e in altri momenti. </span></span><br />
<span style="font-family: Georgia, serif;"><span style="line-height: 21px;">Senza filtri e gettato così nella realtà sono perso e invece di essere in balia di tutto, mi piacerebbe per una volta essere un punto fermo nella vastità del resto, essere parte della realtà come presenza immobile e magari immune, incapace di subirne gli effetti e magari necessaria per gli altri. </span></span><br />
<span style="font-family: Georgia, serif;"><span style="line-height: 21px;">Mi piacerebbe essere una lampada, punto fisso e luminoso, in grado di guidare le persone a cui tengo. Mi piacerebbe essere una scialuppa di salvataggio, creata per traghettare in salvo chi sta annegando nel resto della realtà. Mi piacerebbe essere una scala che permetta a tutti di passare sopra agli ostacoli, senza dover ricorrere a vie più lunghe alternative per aggirarli. </span></span><br />
<span style="font-family: Georgia, serif;"><span style="line-height: 21px;">Le uniche lampade che io conosco - però - sono quelle dei desideri. </span></span><br />
<span style="font-family: Georgia, serif;"><span style="line-height: 21px;">Le uniche scialuppe che ho in mente sono quelle che non riuscirei a prendere se ci fosse un'emergenza. </span></span><br />
<span style="font-family: Georgia, serif;"><span style="line-height: 21px;">Le uniche scale che ricordo sono scale mobili fuori uso e bloccate, inutili da usare. </span></span><br />
<span style="font-family: Georgia, serif;"><span style="line-height: 21px;">Perso nella realtà sono arrivato ad andare in giro per questa città che fa schifo, che puzza ed è tossica per lo smog, che è paralizzata dal traffico, che è impossibile da vivere, in cui è impossibile muoversi. Perso nella realtà ho finalmente capito che sono in questo posto perché è esattamente come sono io quando non voglio darmi da fare: faccio schifo, sono nocivo a me stesso, sto come paralizzato coi miei dubbi, sono difficile da gestire se vuoi vivere con me, non riesco a muovermi. </span></span><br />
<span style="font-family: Georgia, serif;"><span style="line-height: 21px;">Roma è proprio come Andrea. </span></span><br />
<span style="font-family: Georgia, serif;"><span style="line-height: 21px;">Ecco perché spesso vorrei dare la colpa di tutto a questa città, quando la responsabilità di tutto è solo mia e le turbe nell'Urbe sono in realtà le turbe in Andrea. </span></span><br />
<span style="font-family: Georgia, serif;"><span style="line-height: 21px;">Però sono andato in giro a vedere questa città di nuovo da vicino, per ritrovare e rivedere me e ho visto come - nonostante tutto - questa città sopravvive e resiste. </span></span><br />
<span style="font-family: Georgia, serif;"><span style="line-height: 21px;">Roma resiste mentre tutto il resto la logora e il suo presente ha un problema con il suo passato, proprio come succede anche a me. Anche io però resisto a tutto, sopravvivo e ogni tanto mi rimetto in mostra, consapevole di quello che sono stato e che quindi sono ancora. </span></span><br />
<span style="font-family: Georgia, serif;"><span style="line-height: 21px;">Torno consapevole, mi guardo allo specchio e imparo ad ammirare la persona che sono, la capitale di Andrea.</span></span><br />
<div>
<br /></div>Andrea Perhttp://www.blogger.com/profile/02157775987778973684noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-325552644485626515.post-41430152903243947552012-07-19T17:59:00.001+02:002012-07-19T17:59:15.630+02:00Un dramma chiamato desiderio<br />
<span style="background-color: white;">la sottile differenza tra essere il motore ed essere la zavorra </span><br />
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<br /><br /><br />
Poso il bicchiere sul letto, guardo lo schermo. Non ci sono più social: andreaper si è cancellato da Twitter, vediamo se ce la farà. Mi sento più solo perché senza social network è questa la percezione della realtà ma mi abituerò e compenserò facendo più cose per me, rinizio già a vivere le persone mettendo da parte i momenti da raccontare in 140 caratteri.<br />
È che io ho un desiderio: non essere dipendente da niente, per questo smetto qualsiasi cosa. Per darmi dei segnali. È un dramma, qualcosa che diventa un'ossessione: non fumare neanche una sigaretta, non zuccherare mai più il caffè, non avere Facebook, non avere Twitter. Sto imparando a vivere nel mezzo, un giorno saprò esistere senza eccessi. Per oggi ancora no.<br />
È che questo dramma chiamato desiderio mi ha fatto riflettere sulle cose e sulle persone: ogni cosa è strumento, ogni persona è funzionale.<br />
Anche io, anche voi, anche tu.<br />
Io cerco di essere sempre un trampolino. Sono rigido e severo ma se scopri dove fermarti puoi persino spingere tutto il tuo peso su di me e io saprò darti una forza uguale e contraria, una spinta, la molla, l'amore.<br />
Io vorrei essere sempre un motore. Vorrei essere un sistema in movimento capace di avere forza motrice, così se scoprissi un posto bello in cui fermarmi potrei persino spegnere tutto e stare per poi sapermi riaccendere e ridarmi forza, una direzione, un vettore, l'amore.<br />
Io spesso sono una zavorra. Non riesco ad essere elastico, non riesco ad essere in movimento né a smuovermi, così - se scopro che qualcosa sta andando male - faccio un bel respiro per pesare ancora di più, mangio qualcosa di schifoso per pesare ancora di più e mi lascio cadere fino ad arrivare persino a sprofondare, una volta toccata terra, senza darmi speranze, spinte, forze, amore.<br />
È che questo dramma chiamato desiderio mi sta facendo scoprire le cose che prima avrei solo raccontato, senza viverle: voglio essere il mio strumento.<br />
La prossima volta che mi sentirò uno schifo, voglio ricordarmi che<br />
<br />
<i>se non riuscirò ad essere il mio motore, </i><br />
<i>non dovrò per forza </i><i style="background-color: white;">essere</i><i style="background-color: white;"> la mia zavorra. </i><br />
<div>
<br /></div>Andrea Perhttp://www.blogger.com/profile/02157775987778973684noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-325552644485626515.post-43006015648334851582012-05-25T10:38:00.000+02:002012-05-25T10:38:27.254+02:00Una persona a metà<br />
ovverosia imparare come essere padroni di sé<br /><br /><br /><br />
Mi dicono di prepararmi ad aspettare, aspettare il meglio, aspettare il peggio.<br />
Sarà un lavoro di resistenza. Mi dicono: una guerra. Rispondo: un amore.<br />
E quindi siamo nella settimana post-sogni lucidi, incubi spaventosi, crisi.<br />
Adesso non devo fingere di non vedere le tenebre, anzi devo ammettere la loro esistenza reale. E poi me ne devo allontanare con nonchalance, rifiutandomi di scendere in guerra contro/dentro di loro. Guadare nel pozzo senza caderci.<br />
Per parlare degli incubi, basterebbe guardare lo specchio senza specchiarsi davvero mai. Stare sulle sponde del lago senza mai tuffarsi. Percorrere il sentiero nel bosco senza mai addentrarsi. Tre cose che nei miei sogni ho invece puntualmente fatto, ritrovandomi a sputare denti e sangue davanti allo specchio, affogando in un lago melmoso mentre gli altri camminavano sulle acque, finendo nel bosco e ritrovandomi solo nel posto sbagliato al momento sbagliato.<br />
La verità è che ho paura. La verità è che gli incubi hanno ragione. La verità è che mi sento una persona a metà. Ché ogni paragone è un fallimento, ché non combatto perché mi sento già sconfitto, ché le metafore non funzionano più.<br />
Mi vogliono magro, giovane, meno trascurato, reattivo, avventuriero. E invece mangio male e per dimenticare, gioco al vecchio per non sentirmi sempre fuori luogo e fuori tempo, non rispondo delle mie azioni, perdo le responsabilità per strada, preferisco le certezze.<br />
Tutto questo è funzionale. Lo è finché non fa sgretolare tutto il resto.<br />
Ora io non mi sento una persona negativa anche se mi leggete solo quando mi lamento (ma lo faccio per sopravvivere e poi dopo dei post del genere riparto, generalmente, spinto dall'autoironia, dalla voglia di rimettermi in gioco, di puntare di nuovo tutto quello che ho).<br />
Mi sento capace, in potenza. Mi sento in grado. Mi sento sprecato. Mi sento anche un po' goffo nonostante le esperienze (perché ogni volta si riparte, sì, ma da un punto diverso e sconosciuto, da una strada mai percorsa prima d'ora).<br />
Tutto quanto deve tornare ad essere funzionale e pure sano.<br />
Posso farlo, posso passare lungo un dirupo senza scivolare. Senza caderci anche questa volta. Posso percorrere un tunnel anche tutto d'un fiato, senza fermarmi a pensare a quanto stretto, buio e terribile sia.<br />
Sono già magro, sono già giovane, sono già oggi meno trascurato di ieri, non sto giocando al vecchio ma a quello che ha la mia età, sto già rispondendo di tutto.<br />
Sono già meglio.<br />
<br />
Sono già un po' più salvo perché<i> i miei problemi, in potenza, sono metodo. </i><br />
E mi sento già un po' più salvato da me stesso, capendo che non mi fa bene essere una persona a metà perché non c'è niente da fare:<br />
<i>nessuno sa amare davvero chi non si ama.</i><br />Sarà un lavoro di resistenza, non una guerra ma un amore.<br />Andrea Perhttp://www.blogger.com/profile/02157775987778973684noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-325552644485626515.post-29277862462156867682012-05-03T12:33:00.000+02:002012-05-03T12:33:18.144+02:00Volevano migliorare la mia vita<br />
Quando mi hanno detto che sarebbe andata così, cosa volevano davvero per me?<br />
<br />
<br /><br />
Quando la prossima volta mi chiederanno cosa faccio nella vita, probabilmente inizierò a rispondere che cerco di rendere sopportabile e piacevole ogni giornata, infischiandomene delle responsabilità - è vero - ma sempre con un obiettivo ben preciso: non stare male.<br />
Quando la prossima volta mi diranno che il mio obiettivo è una fregatura perché - cercando di non stare male quotidianamente - mi guadagno l'ansia eterna, non saprò cosa replicare senza stare male.<br />
Certe mattine mi sveglio dopo aver sognato alluvioni e paesaggi ancestrali e sto semplicemente male, sogno di essere l'unico dinosauro tra la folla di esseri umani, sogno di sentirmi alienato e vengo lapidato dagli umani che mi scacciano come se io fossi un mostro cattivo e mi allontano da loro, cercando rifugio in un bosco. E in punto di morte, mentre mi accascio al suolo con le palpebre e il corpo pesanti, vedo altri dinosauri che mangiano foglie, piante ed erbe di un bel colore verde vita.<br />
Questo io sono davvero e temo che - dopo aver detto ai quattro venti che sono immune e che non ho sensi di colpa - in realtà io ne sia colmo.<br />
Io devo iniziare a sgretolare l'immagine ideale che mi è stata presentata a sei anni e devo crearne una mia, solo mia, molto ridimensionata, molto contestualizzata, con meno rigidità e con più clemenza.<br />
Ho bisogno di essere clemente, ho bisogno di smetterla di punirmi così. Devo smetterla di usare il senso di colpa mascherato a mo' di punizione per espiare le mie colpe.<br />
Quando dico di non avere sensi di colpa, devo ricordarmi che ne ho parecchi e che se non li avverto è soltanto perché continuo ad usarli per continuare a sbagliare sentendomi limpido. Quando faccio così, è allora che inizia a non cambiare nulla.<br />
Quando la prossima volta mi chiederanno cosa faccio nella vita, probabilmente dovrò iniziare a rispondere che cerco di smantellare l'immagine ideale che è legata a me e che mi porto dietro in ogni momento. Probabilmente potrò iniziare a rispondere che mi sto liberando della parte ipercritica di me.<br /><br />
<i>Quando ho detto loro che sarebbe andata così, cosa volevo davvero per me? </i><br />
<i>Voglio migliorare la mia vita. </i><br />Andrea Perhttp://www.blogger.com/profile/02157775987778973684noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-325552644485626515.post-78963937832417578842012-04-23T16:15:00.002+02:002012-04-23T16:20:58.194+02:00Problemi di peso<br />
<div style="text-align: left;">
<div>
una giornata in cui stavo collassando e un'amica mi ha puntellato </div>
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Quindi è bastato davvero poco tempo per dimenticare la dieta regolare e il cibo sano e tutto il resto. </div>
Ho riniziato a mangiare male, cose grasse, cose dolci, cose che più le mangio più penso di diventare <i>pesante</i>, peggio, brutto, grasso e sono arrivato a pensare così tante cose e così male che mi faccio di nuovo spuntare delle bolle e inizio a grattarmi senza ratio e senza lucidità: la mente è davvero la cosa più potente che io conosca e prima o poi imparerò a padroneggiarla.<br />
Quindi è bastato davvero poco per capire che io non so circondarmi di cose che mi fanno stare bene perché cerco, sì, ogni giorno una cosa bella per dare senso al quotidiano ma a lungo andare manco di progetti. Avrei anche alcuni bisogni spirituali, per così dire, ma non impiego tempo nel soddisfarli perché penso che sarebbe come portare avanti due modelli opposti e io non riesco a discernere. Ho come la vaga sensazione di pensare e basta e per pensare faccio poco. Anzi più penso e meno faccio. Sembra solo una spirale di schifo, inutile.<br />
<br />
<i>Io sono qui per il metodo, non per il contenuto.</i> Ma il contenuto schifoso mi allontana dal metodo.<br />
Per di più, io sto accumulando tempo sulle mie spalle e questo tempo in più pesa. Però più peso acquisto, più potrei andare giù velocemente se seguissi la gravità e invece scelgo una direzione orizzontale e - facendolo - il peso mi rallenta.<br />
La cosa che mi sta facendo riprendere è pensare che <i>ci sono casi in cui il peso è una forza positiva.</i><br />
Per esempio, nei piani inclinati aiuta a scendere. Ed è quasi sempre più forte dell'attrito.<br />
Scendere dalle salite sarebbe il punto bello della mia vita.<br />
Ora mi impegno per arrivare in cima, prometto che ci provo. Di nuovo, sì.<br />
E se ragioniamo in termini matematici possiamo pure fare che l'altezza della salita è direttamente proporzionale al tempo che si impiega a percorrerla, quindi più tempo impiego per salirla, più sarà alta.<br />
Se accorcio i tempi, posso ridurre l'altezza.<br />
Prima arrivo, prima scendo, <i>aiutato persino dal peso</i> che fin'ora ho accumulato.<br />
Facciamo per assurdo che sia così.Andrea Perhttp://www.blogger.com/profile/02157775987778973684noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-325552644485626515.post-68149980855751322252012-04-08T18:23:00.000+02:002012-04-08T18:23:26.430+02:00Ogni volta che parto<span style="color: #666666; font-family: 'Trebuchet MS', Trebuchet, Verdana, sans-serif;"><span style="line-height: 18px;"></span></span><br />
<span style="color: #666666; font-family: 'Trebuchet MS', Trebuchet, Verdana, sans-serif;">un post in cui parlo della partenza, per ritornare</span><br />
<span style="color: #666666; font-family: 'Trebuchet MS', Trebuchet, Verdana, sans-serif;"><br /></span><br />
<span style="color: #666666; font-family: 'Trebuchet MS', Trebuchet, Verdana, sans-serif;">L'ultima volta scrivevo del ritorno e sono tornato altre due volte, da allora.<br />Adesso sono fermo, qui dove sono tornato e sono bloccato, pietrificato, incapace di spostarmi per evitare il carico emotivo, le apprensioni, le aspettative, le ansie che creo. </span><br />
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<span style="color: #666666; font-family: 'Trebuchet MS', Trebuchet, Verdana, sans-serif;">In questi mesi in cui non ho scritto, sono stato al peggio delle mie possibilità e al meglio nonostante la realtà: ho continuato a disperarmi e a lagnarmi per le turbe nell'Urbe e ho imparato pure a cercare una cosa bella quotidiana ogni giorno, per educarmi alla positività. Ho perso un po' di chili perché ho smesso di mangiare senza criterio solo perché avevo smesso di fumare. Altri chili li ho persi grazie ad un simpatico virus intestinale. Cose belle quotidiane, sia chiaro. </span><br />
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<span style="color: #666666; font-family: 'Trebuchet MS', Trebuchet, Verdana, sans-serif;">Sono qui, bloccato da queste nuove responsabilità, dal senso della misura che penso di aver scoperto e imparato; sto cercando di non esagerare col cibo, di non cercare la salvezza al reale nel cibo; forse sto sbagliando. </span><br />
<span style="color: #666666; font-family: 'Trebuchet MS', Trebuchet, Verdana, sans-serif;">Oggi è Pasqua e per quanto non mi interessi molto la cosa, durante queste feste avverto tutta la distanza, sento la famiglia sgretolata, la tenerezza che provo nel pensare ai miei genitori divisi, a mia sorella, a me che cerco di non vedere le situazioni surreali che mi trovo a vivere rinchiuso in questa stanza da solo mentre il panico passa al comando e io guardo nel vuoto come se non potessi più sentire speranza. </span><br />
<span style="color: #666666; font-family: 'Trebuchet MS', Trebuchet, Verdana, sans-serif;">In questi mesi in cui mi sono immerso nella realtà, ho scoperto che bene o male si sopravvive, che bene o male posso continuare a fare ciò che avevo deciso di fare. <br />Ho imparato che ormai alcuni treni sono persi perciò vale la pena incamminarsi a piedi e godere anche con gli altri sensi, non solo con la vista. Ormai conviene immergersi senza rinunce nella realtà: la velocità me la sono giocata, ora è meglio cercare la densità.
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<span style="color: #666666; font-family: 'Trebuchet MS', Trebuchet, Verdana, sans-serif;">Ma ogni volta che torno implica che ci sarà il momento in cui partirò. </span><br />
<span style="color: #666666; font-family: 'Trebuchet MS', Trebuchet, Verdana, sans-serif;"><i>Ogni volta che parto è per ogni volta che sono tornato. </i></span><br />
<span style="color: #666666; font-family: 'Trebuchet MS', Trebuchet, Verdana, sans-serif;">Ogni volta che parto devo uscire dal surreale e imparare di nuovo ad immergermi nella realtà; ogni volta rischio di cedere e tornare dal cibo; ogni volta è riscoprire un criterio. </span><br />
<span style="color: #666666; font-family: 'Trebuchet MS', Trebuchet, Verdana, sans-serif;"><br /></span><br />
<span style="color: #666666; font-family: 'Trebuchet MS', Trebuchet, Verdana, sans-serif;"><i>Ogni volta che torno, arrivo in questo posto della mia mente in cui devo strisciare e restare in basso nascosto per non farmi vedere dal passato. E se voglio alzare lo sguardo per cercare il futuro, il passato mi trova e io sono schiacciato. </i></span><br />
<span style="color: #666666; font-family: 'Trebuchet MS', Trebuchet, Verdana, sans-serif;"><i>Ogni volta che parto, devo imparare di nuovo a stare sulle mie gambe e non sul ventre e se mi alzo mi scopro sporco della terra in cui avevo messo le radici e devo vergognarmi perché ciò di cui mi sono nutrito non è qualcosa di prezioso agli occhi di tutti. </i></span><br />
<span style="color: #666666; font-family: 'Trebuchet MS', Trebuchet, Verdana, sans-serif;">Ogni volta che parto mi faccio un pianto per venirne fuori pulito, per pulire gli occhi e fare un po' di spazio per far crescere la chioma e non solo le radici. </span><br />
<span style="color: #666666; font-family: 'Trebuchet MS', Trebuchet, Verdana, sans-serif;">Ma come posso decidere in che verso crescere? </span><br />
<span style="color: #666666; font-family: 'Trebuchet MS', Trebuchet, Verdana, sans-serif;"><i>Alcune volte non vorrei un corpo, non vorrei bisogni, </i></span><br />
<span style="color: #666666; font-family: 'Trebuchet MS', Trebuchet, Verdana, sans-serif;"><i>vorrei imparare ad essere lo strumento della mia vita, </i></span><br />
<span style="color: #666666; font-family: 'Trebuchet MS', Trebuchet, Verdana, sans-serif;"><i>non il fine.</i> </span><br />Andrea Perhttp://www.blogger.com/profile/02157775987778973684noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-325552644485626515.post-27429139153732385912012-01-08T11:20:00.000+01:002012-01-08T11:20:41.464+01:00Ogni volta che tornoun post che parla del ritorno, a poche ore da una nuova partenza<br />
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Domani partirò da qui e a breve tutto quello che scriverò sarà valido forse solo per la volta successiva che tornerò. O forse non conterà già più niente. <br />
Cambia tutto, ogni volta che torno. <br />
Non c'è niente che davvero mi faccia stancare di questo posto, solo che mi carico di informazioni e racconti e memorie e arriva sempre il momento in cui non posso metterne più sulle mie spalle e allora mi dico che devo andare, carico come un mulo. <br />
Ogni volta che torno è una discesa negli inferi e nelle cose che non so, è lo scavare alla ricerca di una parte di me preziosa, di qualcosa che deve esserci se in superficie ci sono io: qualcosa prima di me - che per me vale molto - esiste. Ogni volta che torno chiedo per sapere e non per avere. Faccio come posso, non vorrei mai distruggere gli equilibri che si sono creati nella testa di mio padre, di mia madre, di mia sorella, di mia nonna. Ma io devo per forza capire come mai loro sono così come sono, per tollerare l'Andrea che ne è risultato, per riniziare a volermi bene, per smetterla di cenare due volte come se a riempirmi fossero due pasti ravvicinati invece che una qualche forma d'amore. <br />
Ogni volta che torno posso far vedere i miei traguardi (se ve ne sono) e le mie nuove debolezze (se ve ne sono, ma lo scrivo solo per par condicio). <br />
Sono le nuove ferite e le nuove cicatrici che dovrebbero farmi sentire fiero di me come un bambino di sei anni che cade dalla bicicletta e si sbuccia le ginocchia. <br />
Ad una certa età, però, pare che sbucciarsi non sia più consono, anzi forse non è più socialmente accettato. <br />
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<i>È che sto affogando <br />
e mi dicono di fidarmi, ché andrà meglio, <br />
mentre non c'è neanche un salvagente e mi ricordano che la soluzione è saper nuotare.</i><br />
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Ogni volta che torno sembra che sia meglio arrampicarsi su un albero, magari un sicomoro, invece di farsi un bel giro in bicicletta. Si tratta sempre di un gioco da bambino, ma se si cade si rischia di più perché pare che rischiare sempre di più sia sinonimo di crescita. <br />
Io non ci credo mica che per essere un adulto devo raddoppiare sempre ciò che rischio. Io se potessi non lo farei mai. <br />
Ogni volta che torno vorrei lasciare ogni cosa e isolarmi, altro che raddoppiare. <br />
Ogni volta che torno cerco di ridistribuire le responsabilità per sopravvivere e sentire le mie radici ma anche la mia chioma. <br />
È che è faticoso, è vivere tra appercezione ed estasi e se ce la faccio ancora è a caro prezzo. <br />
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<i>È che adesso ho il sospetto <br />
che invece di scappare dall'acqua che rischiava di farmi affogare <br />
io mi stia arrampicando sempre più in alto per fuggire da tutti. </i>Andrea Perhttp://www.blogger.com/profile/02157775987778973684noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-325552644485626515.post-51115679175820242762011-12-31T10:50:00.001+01:002011-12-31T10:53:57.784+01:00Il classico post di fine annoneanche poi tanto classico (da assumere a stomaco pieno prima della mezzanotte)<br />
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Siamo nelle ultime ore del 2011 e ho pensato: "ma sì, facciamolo questo postone di fine anno" per lamentarci il giusto e sperare l'insperabile. <br />
Come ha detto una mia amica: "non sono i propositi che contano davvero, contano i bilanci". Io però per quest'anno voglio cambiare, niente spiaggia e niente mare. E niente bilanci da presa a male, niente controllo del passato, niente ansie senza finalità. <br />
Mi ricordo che ho iniziato l'anno alla disperatissima ricerca di un oroscopo. Non di un oroscopo qualsiasi per il mio segno, ma di uno che parlasse veramente bene del mio segno e che potesse darmi positività. <br />
Gli oroscopi servono un po' a questo, credo. Io ne leggo un po', scelgo il migliore ed inizio a crederci. Sì, lo so, è la classica profezia che si autoavvera che tante volte mi fa imparanoiare e mi regala ansia: è proprio per questo che ho scelto di usarla anche per regalarmi un po' di serenità. <br />
Dicevo, l'oroscopo buono che trovai per quest'anno diceva letteralmente così: <br />
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<i>"Tiburtina: Lavori in corso.<br />
Dappertutto e su tutti i fronti.<br />
Spostate le fermate degli autobus, spostati i capolinea, cambiati le tratte e i percorsi che portavano all’ingresso della metro. Chiusi alcuni negozi, altri trasferiti, aperta la libreria e chiuso il drugstore.<br />
Cancro! Come si sta nella stazione Tiburtina? Male e bene contemporaneamente.<br />
Attimi di schizofrenia. Fasi di esaltazione per il nuovo in arrivo si alternano a fasi di abbattimento per quello che si è raso al suolo.<br />
Il 2010 è stato l’anno delle trasformazioni, dei progetti e dei lavori.<br />
Consapevolezze e incoscienze.<br />
Altri equilibri e altri assetti, sperimentando nuove geometrie e sposando nuove filosofie architettoniche come il feng shui.<br />
Avete cominciato a tifare rivolta e, quindi: cambiamento.<br />
Tiburtina fino ad oggi è stata la seconda stazione capitolina, sta lottando per diventare la prima.<br />
Come voi state lottando per avere ciò che vi spetta.<br />
La stazione del 2011 per voi sarà sempre Tiburtina, i lavori continueranno e voi sarete:<br />
l’operaio, l’architetto, il geometra, l’ingegnere e l’80enne che osserva i lavori.<br />
Buon lavoro. Passa la cera, leva la cera." </i><br />
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Io la cera l'ho tolta quasi tutta. Mi resta qualche ora per dare un'ultima lucidata ma sono quasi pronto. <br />
Non so ancora se diventerò la prima stazione capitolina, la priorità della mia vita. Però so che sono un po' più operaio (ho spostato grandi carichi con il trasloco e mi son procurato quella simpatica ernia inguinale!). Sono anche un po' più architetto (ho ripensato la mia nuova vita nella mia casa nuova e ho riqualificato la mia stanza e i miei affetti) ma sono anche un pizzico geometra che sa stimare il valore delle persone, delle azioni e delle cose presenti nella sua vita. <br />
Provo ad essere anche l'ingegnere di me stesso e sfrutto la scienza per applicarla alla tecnica e se la vita come l'ho pensata fin'ora non crolla o non collassa è anche un po' merito mio. <br />
Sicuramente sono anche molto ottantenne che osserva. Osservo, osservo e ascolto e spesso ho imparato a far riposare i pensieri perché so che anche solo guardando e solo ascoltando posso imparare infinite cose. Lo so, anche se non sembra, è una risorsa grandissima che non mi lascerà mai a secco. <br />
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Nella nuova stazione Tiburtina, nel nuovo Andrea, si sta bene. Ci sono tante cose che miglioreranno con il tempo, per alcune ho bisogno di esperienza, per altre di entrare in funzione a pieno regime. <br />
Vi invito a passare nella nuova stazione e nella mia nuova vita:<br />
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<i>A mezzanotte non saluto solo un anno. <br />
A mezzanotte c'è l'inaugurazione dell'Andrea che ho costruito fino ad oggi. </i>Andrea Perhttp://www.blogger.com/profile/02157775987778973684noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-325552644485626515.post-56453356850892807722011-11-29T11:03:00.000+01:002011-11-29T11:03:01.771+01:00Con tutti i segnali d'allarme che mi lancianonon si esce vivi dall'adolescenza <br />
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Pronti? Via. <br />
Vi scrivo da una nuova casa e sia chiaro a tutti che per arrivare qui dove sono ho dovuto sudare e mi sono fatto venire una bella ernia che mi ha avvelenato il cambiamento. <br />
Va sempre così, quando miglioro qualcosa di me devo sempre passare dal "via", pagare pegno, prendere un imprevisto, pagare una tassa, espiare le mie colpe. Mi piace pensare che con quest'ernia io abbia pagato tutti i conti col mio passato e sia finita così, un po' alla buona, invece so benissimo che il karma tornerà a bussare alla mia porta e si prenderà ciò che vuole e io saprò sopportare quasi in silenzio senza lamentarmi troppo. <br />
Mi lamento troppo poco. Non è che voglio impegnarmi a lamentarmi di più, è che - davvero - mi sto sfogando poco. <br />
Sono tutti qui intorno a me e mi chiedono di fare, di dire, di dare, di saltare nel cerchio infuocato delle mie aspettative mentre io me ne starei al di qua del cerchio a leccarmi le ferite come un gatto, invece di fare il leone. <br />
Poi per farmi dare una mossa e far entrare in circolo l'adrenalina iniziano ad urlarmi che sono in pericolo, che è tardi, che sto sbagliando tutto, che forse neanche so leggere la realtà e che le mie percezioni sono falsate, inspiegabilmente tutte falsate. <br />
Io sto vivendo il mio viaggio senza metodo perché non lo so quello che c'è oltre il mio cammino e anche se sembro uno scriteriato, vorrei continuare a viaggiare. Invece nessuno mi fa godere questo viaggio e vivo perennemente tra sirene spiegate e silenzi imbarazzanti in cui devo solo vergognarmi e portare le mani al petto tre volte per ammettere tutte le mie colpe davanti a chi accende e spegne le sirene della mia vita un po' come e quando gli va. <br />
La verità è che stanno arrivando molte scadenze e molti nodi al pettine e che io sto pensando davvero di mettere in scena l'ennesimo dramma per poter cambiare tutto senza essere additato come il responsabile dei miei mali e riniziare la mia vita nei panni di un altro Andrea che vorrei. <br />
Loro vorrebbero che io saltassi giu da questo palazzo che mi sono costruito e che non sta cadendo, vorrebbero farmi buttare sul loro materasso di salvataggio e poi chiedermi di ringraziarli per tutto il resto del mio tempo per vedermi riniziare la mia vita nei panni dell'Andrea che vorrebbero. <br />
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La verità è che con tutti i segnali d'allarme che mi lanciano, <br />
mi hanno insegnato a non preoccuparmi più.Andrea Perhttp://www.blogger.com/profile/02157775987778973684noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-325552644485626515.post-28138030467431567932011-09-04T11:55:00.000+02:002011-09-04T11:55:15.385+02:00Ricordiamoci sempre dei pesci fuor d'acqua<span class="short_text" id="result_box"><span style="background-color: white;" title="Enlightenment for idiots">illuminazione per idioti</span></span><br />
<span class="short_text" id="result_box"><span style="background-color: white;" title="Enlightenment for idiots"><br /><br />
</span></span><br />
<span class="short_text" id="result_box"><span style="background-color: white;" title="Enlightenment for idiots">"</span></span>Ora, quel che conta è il trasloco a deciderlo. E non sai già più dove metterti." Canzone che sto ascoltando in loop tra un pacco e l'altro, scatoloni alti che si innalzano nel nulla come fossero grattacieli cresciuti nelle campagne, prima che arrivi tutto il resto della civiltà. Me ne sto andando, sto cambiando casa, traslocare è un po' come morire e poi rinascere. <br />
Nell'ultima notte al Pigneto, dei ladri mi hanno svegliato e ho avuto paura. Paure, l'estate le regala a mani piene, regala frustrazioni e paure. <br />Ora che non sono nell'Urbe riesco, invece, a guardare con distacco a questi primi tre anni in questa città, faccio bilanci universitari, misuro il futuro e sbaglio, sbaglio di nuovo. Mi sento un po' a disagio, pesante, con le spalle pesanti come se sopra ci avessi messo un carico troppo grosso da sopportare ancora. Ogni tanto allora mi sveglio, apro gli occhi inorridendo e mi scrollo di dosso tutto, come un cane che cerca di liberarsi dall'acqua dopo essere stato in un pantano. Questo ultimo mese è stato davvero critico per me e quando alludo alla critica intendo l'etimo antico "krinein" cioè separare e distinguere. Ho separato e distinto tutte le cose della mia vita, ho distinto come stavo da come sto e come starò, ho inscatolato e sigillato tutto, come se avessi fatto un patto con me, un patto ormai definitivo. <br />
Io ballo da solo, da solo finisco, da solo rinizio il viaggio. <br />Nel momento di cambiamento mi sono fatto prendere dalle ansie e a tratti anche dal panico ma adesso sono di nuovo pronto a guardarmi allo specchio, guardarmi fiero di me, di come faccio quello che riesco a fare, di come dimostro i miei ventiquattro anni e delle bandiere che porto sempre con me. <br />Adesso sono tanto deciso a riprendere in mano per l'ennesima volta la mia vita e a rimettermi in gioco senza riserve, a riniziare a costruire la mia casa in un altro posto e dopo cinque traslochi dovrei avere non dico imparato, ché non s'impara mai, ma almeno avere ormai un briciolo d'esperienza in grado di farmi sopravvivere a tutto. <br />Non importa più se ho avuto frustrazioni o rabbie da questa estate, se ho avuto situazioni spiacevoli e tormenti inutili. Ormai è tutto inutile, non conta nulla. <br />Sono tornato qui da mia madre, ci siamo parlati con non è mai successo, abbiamo scavato e trovato e riappianato. Non dobbiamo costruire un grattacielo, come quello di pacchi e scatoloni che era in camera mia prima del trasloco. Non ci servirà costruire un grattacielo nelle nostre campagne, con tutto il nulla intorno. <br />Ci basta una casetta in cui ripararci se non abbiamo altri posti del cuore nei quali rifugiarci. <br />Ci basta sapere che una baracca in cui stare, se tutto va male, c'è. Magari non la useremo mai. <br /><br /><br /><span class="st">È</span> che in questa estate mi sono sentito quasi sempre un pesce fuor d'acqua e sono stato male. <br />Male finché non mi sono ricordato che i pesci fuor d'acqua divennero anfibi. Andrea Perhttp://www.blogger.com/profile/02157775987778973684noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-325552644485626515.post-75229002663693285602011-07-18T12:47:00.001+02:002011-07-18T13:02:07.368+02:00Come se cambiare fosse un dovereoggi - per la gioia di tutti - parliamo di bisogni <br />
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Non è che volevo parlare dei cambiamenti perché ho compiuto ventiquattro anni. Non volevo neanche parlarne perché ho festeggiato il mio compleanno al Palio di Siena invece che al lago coi miei amici storici. Però anche nella storiella che v'ho raccontato nell'ultimo post, parlavo di cambiamenti. Certo, possono essere minimi, peggiorare la vita invece di migliorarla però sempre muovendosi. <br />
In realtà mi interrogo spesso, chiedendomi se sia preferibile stare un po' fermi e poi andare avanti oppure non fermarsi mai, avanzare e poi miseramente retrocedere, conservando però la sensazione piuttosto piacevole del "fare comunque qualcosa". Chiacchiere a parte, sono cresciuto, sono cambiato, devo per forza di cose essere cambiato, cambiamo tutti, non è possibile che qualcuno non cambi. A meno che non decida, certo, di restare fermo pur di non retrocedere mai, neanche per sbaglio. <br />
"Quest'anno l'agosto lo passo a Roma!" dice qualcuno "Non l'ho mai fatto perciò lo farò." conclude solenne. <br />
"Il mio compleanno è sempre stato al mare o al lago. Quest'anno sarà a Siena perché sono nato lo stesso giorno del Palio." recitavo io. Poi, alla fine, è andata così e sono stato felicissimo. Probabilmente chi vuole passare agosto qui, così farà e potrà dire di essere soddisfatto e pure felice. Come se ritenessimo i cambiamenti qualcosa che dobbiamo a noi stessi, non qualcosa che meritiamo o vogliamo. Va così, come se cambiare fosse un dovere e non un bisogno. <br />
Tanto, poi, quando qualcuno cambia qualcosa ha paura, è normale, ci dicono. <br />
A me non lo dice nessuno, sia chiaro. Quello che so l'ho imparato grazie all'empatia. <br />
Davvero pare essere la forza motrice per me, ma pure l'atto e la potenza. Io voglio così bene all'empatia che quasi direi che l'ultimo verso del Paradiso, forse forse, è sbagliato. Ma Dante pensava all'amore, che cosa posso rimproverargli? Solo che l'empatia non è amore. L'empatia c'è prima, genera amore che poi genera altra empatia, tant'è che mi chiedo se è davvero nata prima l'empatia o l'amore. Ad ogni modo, io riscriverei: "l'empatia che move il sole e l'altre stelle". Senza non saprei sopravvivere. Insieme a lei mi sento spesso condannato. <br />
Ci vuole una storiella: <br />
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<i>Una volta un brav'uomo aveva un pozzo, molto profondo. Quando si lamentava, i suoi pianti erano amplificati dalla profondità del pozzo. Quando gli altri stavano male ed urlavano di dolore, grazie al pozzo lui sentiva tutto così vicino, quasi come se provenisse da dentro di sè. Il pozzo collegava il brav'uomo all'altra gente, ai buoni e ai cattivi, incondizionatamente e senza fare differenze. Spesso, poi, quell'uomo rischiava di cadere nel pozzo per vedere se i rumori e i lamenti o le urla e le gioie che sentiva provenissero effettivamente da lì oppure da altrove. Il pozzo lo condannava a rischiare ogni volta. Eppure quando aveva sete e tutti cercavano disperati una goccia d'acqua, lui aveva il suo pozzo. Croce e delizia, limite strutturale e risorsa infinita. </i><br />
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Non vi voglio imbrogliare, ve lo dico: quell'uomo sono io e quel pozzo è empatia. Grazie al pozzo mi sento sempre salvo o salvabile, mai perso davvero o spacciato. So che finché non chiuderò il pozzo potrò pure avere paura ma avrò sempre qualcosa. Mi sento ricco. <br />
Poi la paura resta, eh. Meno male, altrimenti sarebbe tutto quasi perfetto. La paura è sempre tanta, io poi sono un pauroso di prima classe. Quando mi sposto in città, la metro è l'unica che non mi fa paura, ma se devo salire in macchina e prendere la tangenziale est, lì sì che ho paura. Quando si corre, soprattutto nel primo tratto, quello ascetico, che dalla città sale verso l'alto, nella sopraelevata più alta di Roma. <br />
Ho capito che l'unica soluzione per la paura è la privazione sensoriale, ma devo ancora lavorarci su e perfezionare: <br />
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Quando nella vita ho paura, chiudo gli occhi e fingo di essere su una giostra. <br />
Subito dopo mi ricordo che ho paura anche delle giostre.Andrea Perhttp://www.blogger.com/profile/02157775987778973684noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-325552644485626515.post-74771791185697116412011-06-29T01:10:00.000+02:002011-06-29T01:10:46.311+02:00La storia di colui che voleva uscire dalla gabbiaci raccontiamo una favola per sopportare la cronaca <br />
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Stasera ho deciso di raccontarvi la favola dell'uomo che voleva uscire dalla gabbia. <br />
Non è che in questa gabbia non ci stava per via delle sue dimensioni, non ci si stava stretti, anzi. Però le sbarre della gabbia, quelle erano brutte per davvero. Non sapendo come uscire dalla gabbia, quell'uomo iniziò - ogni sacrosanto giorno della sua vita - a dare un nome ad ogni cosa che aveva sotto mano e sott'occhio. Anche alle sbarre. La prima sbarra, quella che vedeva non appena girava la testa sul cuscino, la chiamò Stanchezza. La seconda, la prima che riusciva a toccare con mano sempre mentre era steso sul letto, iniziò a chiamarla Presente. Quella successiva la chiamò Ansia perché veniva dopo Presente. Dopo Ansia c'era Aspettativa e dopo Aspettativa veniva Frustrazione. Poi c'era il cancello con la serratura, che non riusciva mai ad aprire. E le sbarre del cancello si chiamavano Negazione, Avversità, Sfortuna, Sfiducia ed Incapacità. Le sbarre erano davvero tante, due lati della gabbia in muratura, due lati in sbarre e quella che era all'angolo la chiamava Paura. La gabbia che rovinava la vita a quest'uomo era davvero grande e la colpa era di tutte le sbarre ma Paura era quella portante, l'incubo d'ogni notte, tant'è che quell'uomo preferiva svegliarsi a metà del sonno con gli occhi sbarrati e vedere Stanchezza, piuttosto che avvertire Paura, in lontananza, ai piedi del letto. <br />
Favolette a parte, un giorno quest'uomo scoprì che la sua mano poteva aprire la porta, a condizione di sacrificare un paio di dita nella serratura. Senza pensarci troppo, provò ed uscì. Perse un po' di sé ma si fece forza pensando che - in effetti - poteva essere questo il prezzo della libertà. <br />
Passò del tempo e si rese conto di aver bisogno non di una gabbia ma almeno di un posto in cui sopravvivere e decise di andare a stare dove non avrebbe più potuto toccare Presente, visto il sacrificio appena pagato. Trovò un acquario, gli sembrò abbastanza comodo e pratico, gli ricordava un utero, era semplicemente un contenitore pieno di liquido in grado di attutire ogni ulteriore colpo che avrebbe potuto ricevere e quindi si tuffò. <br />
Quando era dentro, si accorse di vedere tutto dai vetri, senza neanche più poter passare i suoi arti tra le sbarre, cercando l'illusione di libertà. Non solo - forse - non stava meglio di prima ma - in più - non poteva neanche dare nomi alle sbarre perché non erano più le sbarre a dividerlo dal mondo e ad impedirgli interazioni: erano state le sue scelte e i suoi desideri. <br />
Non poteva più dare la colpa a Frustrazione o Ansia, non più dare responsabilità a Sfortuna e Stanchezza, nessuna Avversità. <br />
Pare assai brusco da dire così ma la realtà è che continuò la sua vita lì, sguazzando nell'acqua, senza più possibili colpevoli da individuare e senza Paura a poterlo giustificare. <br />
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Questa era la storia di colui che voleva uscire dalla gabbia e che poi si tuffò nell'acquario.Andrea Perhttp://www.blogger.com/profile/02157775987778973684noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-325552644485626515.post-66936282111384564452011-06-08T11:08:00.000+02:002011-06-08T11:08:08.396+02:00La rubrica dell'inquietudineogni tanto ansia, terrore ed inquietudine aggratis <br />
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"Hai parlato con tua sorella?" <br />
"Sì, mamma, ho fatto da tramite" <br />
Ho sognato di essere un angelo. No, non uno di quelli coi capelli biondi, asessuato, il vestito lungo da sera bianco e l'aureola o le ali. Ero me in persona, però facevo da messaggero. <br />
Forse poche ore fa si è concluso il sogno più significativo della mia vita e lo dico consapevole del fatto che sempre più spesso mi pronuncio post-sogno e dico questa stessa identica cosa. Però stavolta è vero, ve lo posso giurare. La questione è la seguente: da giorni non penso ad altro che agli esami, ai doveri, alla responsabilità, alle scadenze, agli impegni e allora ecco che viene fuori il tema della morte, la cosa più imprevedibile che io possa immaginare. Ma c'è di più, perché qui si trattava di una sorta di conferenza stampa post mortem alla quale solo io potevo assistere e dopo la quale ho dovuto fare un resoconto condito di lacrime a tutti quanti gli altri. <br />
Non ve lo riesco a raccontare, sono troppo inquieto, mi turba troppo, però sta a significare che devo rimettere al centro della mia vita l'amore e le passioni e staccare per l'ennesima volta la spina da tutto ciò che è impegno e responsabilità, dovere sentito moralmente. Ecco cosa succede a combattere le aspettative e a riprovarci per l'ennesima volta, ecco, succede questo. Che io devo andare a fare un esame e mi sveglio con questi pensieri, tra le lacrime, piangendo come un bambino. Voglio tornare a casa e riabbracciare tutti? Le turbe nell'urbe stanno invadendo i miei sogni? È questa la nuova dicotomia che si va delineando? Posso fare ancora qualcosa? Devo stare sereno? Devo stare turbato? <br />
Non ho saputo dare un senso logico e dialettico a quello che volevo scrivervi, non me ne voglio dare la colpa. La smetto di ripassare e ripetere cose a mo' di mantra, mi preparo per fare l'esame ma oggi le cose improtanti per la mia vita sono altre: andare oltre, superare e riniziare ad abbracciare le persone che mi mancano. <br />
Delle volte nell'Urbe si avverte l'assenza di ciò che aristotelicamente è definita "essenza". <br />
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<em></em>Andrea Perhttp://www.blogger.com/profile/02157775987778973684noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-325552644485626515.post-18172611692245771862011-06-05T16:25:00.000+02:002012-01-26T13:11:52.651+01:00Ci nascondiamo come gli elefanti quando sono feliciriciclare l'amore per non impoverire il cuore <br />
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Domenica, primo pomeriggio e piove. Tutti sono al mare, voglio pensarlo vedendo il traffico che manca. Il paradosso è servito: al mare se piove. Come dire felicità in un momento doloroso, come andare più veloce nella corsa perché ci sono più ostacoli, come stare bene nel posto sbagliato. <br />
Quando sono felice mi nascondo, sotto le lenzuola, non esco di casa, sto chiuso al riparo dal sole: ho paura che la felicità sbiadisca restando esposta alla luce e agli occhi indiscreti del mondo. Quando non sono felice, però, esco di corsa e cerco di incontrare più gente possibile: lo faccio per alleggerire il peso, smezzare il carico, è l'esposizione al rischio, ai dolori e alle piogge, ne vengo fuori pulito. Passa il torbido, scorre tutto e torno trasparente. <br />
Così ci nascondiamo come gli elefanti quando sono felici; non ci dirigiamo da nessuna parte, non andiamo a morire in nessun cimitero, viviamo e ci nascondiamo felici. <br />
<br />
Domenica, sempre pomeriggio e sempre piove. Dopo giorni rientro a casa mia, pensando a dove andrò a finire. Condanna servita: a casa se voglio essere altrove. Come dire che guardo le cose e non me ne entusiasmo? Sento il dolore in un momento felice, rallento in corsa man mano che gli ostacoli svaniscono, so quasi stare male nel posto giusto. <br />
Quando sarò felice dove vorrò, non mi nasconderò, uscirò di casa, andrò ad espormi al sole: ho paura che ci vorrà ancora un po' di tempo, devo ancora finire tante cose qui, comprendere che direzione prenderanno, se potranno coincidere con la strada che voglio percorrere, se la coincidenza sarà fortunata. Ora non mi sento sereno, perciò esco di casa e cerco di osservare più cose possibili: mi dovrà servire per imparare a riciclare l'amore per le cose che ho quasi smesso di amare, perché non posso permettermi - qui, ora - di sprecare le occasioni, di scremare ciò che è da fare, di dimenticare l'amore e di impoverire il cuore. <br />
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Da oggi non mi nascondo, così potrò essere felice.Andrea Perhttp://www.blogger.com/profile/02157775987778973684noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-325552644485626515.post-87500943063744365872011-05-29T16:41:00.000+02:002011-05-29T16:41:31.520+02:00Per quel po' che ho dormito t'ho sognatofinalmente si parla d'amore <br />
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Una volta, ricordo, ho scritto che era domenica mattina ed ero senza caffè e senza te. <br />
Oggi il caffè non mi manca. A dire il vero sento che non mi sta mancando niente, in questo preciso momento. Ho un po' di tutto, sento il pienone, la marea, sono sopraffatto. Qui è affollato e io resto affossato. <br />
Sto perdendo ancora una volta la mia innocenza e - mi suggeriscono - io sono il tipo di persona che ogni volta si sente come la prima volta. La colpa che provo ha la stessa intensità delle volte precedenti, però cerco la redenzione. L'innocenza rinascerà e sarà meglio. Mi ripeto a mo' di mantra. <br />
Voi ce la fate ad essere spensierati? Ce la fate ad immaginare? <br />
Andare al mare e trovare il brutto tempo, scovare granelli di sabbia nella doccia giorni dopo esser stati al mare, dover andare in farmacia a comprare una crema per le scottature, stare attenti al cellulare e al portafoglio mentre ci si allontana dall'ombrellone, non darsi pace se si fa il bagno senza aver terminato la digestione. <br />
Vedo tutto adesso, lo capisco che non posso. Niente me lo impedisce davvero, sono io che sono fermo, aspettando venti migliori: che scaccino le nubi via lontano dal mare, che alzino in aria i granelli e li portino altrove, che rinfreschino le pelli provate soffiandoci addosso. Non posso tuffarmi ancora, è troppo presto, sento l'acqua ancora fredda e poi sto digerendo. <br />
Me lo lasciate il tempo di digerire? Non ditemi che è una vita che sto metabolizzando e digerendo perché non è andata proprio così. Semplicemente non avevo mai smesso di mangiare, ingoiavo dolci e salati di continuo, mischiando tutto. Che poi, nonostante queste violenze, il mio è uno stomaco delicato eh, non vi passi mai per la mente di invitarmi a cena pepando e speziando tutto troppo perché vi scoprirei, lo verrei a sapere che state cercando di farmi del male con le cose che amo. <br />
Le cose che amo sono quelle che mi rallentano. Capiamoci, non è una loro colpa. Le cose che amo io me le porto sempre con me, sulle spalle, nella pancia, in bocca, addosso. E carico di queste, mi sposto sui terreni percorribili. Vado a rilento perché pesano e - se per voi dovrei liberarmene - io dico che non serve proprio perché non mi ostacolano davvero, anzi mi permettono di girare in vita felice. <br />
Le cose che amo sono le stesse che mi svegliano prima dei mie tempi, pulsano e suonano come fossero allarmi e mi ricordano cosa devo fare per armarmi: le cose che amo mi aiutano ad amarmi. Sono forze che lavorano per me, nodi pronti a resistere a tutto per poi sciogliersi solo se davvero mi hanno aiutato a leggere la realtà. <br />
Le cose che ami ti fanno svegliare di soprassalto e non diminuiscono le tue turbe, però sono le stesse che poi ti fanno dire, tutto assonnato e ancora stanco: <br />
<br />
per quel po' che ho dormito t'ho sognato.Andrea Perhttp://www.blogger.com/profile/02157775987778973684noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-325552644485626515.post-36374883644568393662011-05-24T14:36:00.000+02:002011-05-24T14:36:24.552+02:00Forme di vita negligenteadesso mi metto anche a fare un bel <span class="short_text" id="result_box" lang="el"><span class="hps" title="Fai clic per visualizzare le traduzioni alternative">θρήνος fuori stagione</span></span><br />
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Esistono altre forme di vita negligente? <br />
La pasqua è passata da un pezzo ma non sono risorto, anzi sono pure tornato nelle mie terre natali, lasciando l'Urbe e - paradossalmente - avvicinandomi di più alle turbe.<em> </em><br />
La primavera è quasi stata triste perché io non ho saputo fermare a sorprendermi o forse ho iniziato troppo presto ad intuire l'estate. <br />
Mi sono messo a contare il tempo ( che cosa da stolti! ) e ho capito che, tra me e il mondo, si tratti di quello atmosferico o di quello dimensionale, è sempre un problema di tempo. L'avevo anche scritto su un bel post-it, con l'etichetta "<i>cose che prima o poi dovrò imparare ad urlare</i>". Inutile dirvi che, per ovvie ragioni di tempo, ancora non ho imparato. <br />
<em></em>È che adesso so che gli anni e i mesi passano sempre, i minuti passano solo se li conti. <br />
La prova che sulla terra e nell'universo intero esistono altre forme di vita negligente è che non mi hanno ancora contattato. <br />
<br />
<i>io sono tagliato <br />
dal mondo <br />
a pezzi grossolani <br />
affettato. <br />
senza radici sono <br />
ché le mie sono bruciate, <br />
senza radici resto <br />
ché son stato mal trapiantato. <br />
annaffiami <br />
ed abbi cura di me <br />
o <br />
bruciami <br />
e abbatti il mio tronco carbone.</i>Andrea Perhttp://www.blogger.com/profile/02157775987778973684noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-325552644485626515.post-937148440698776572011-04-15T10:48:00.000+02:002011-04-15T10:48:49.656+02:00Se volessimo un finaledal momento che non so come iniziare parto dalla possibilità di un finale. <br />
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Dicono che sia la primavera ma in realtà è qualcosa di più. Sta squillando il telefono ma sono sereno perché sono quasi certo non sia mia madre che mi chiama per sabotare lo scorrere della realtà. Sotto il tavolino c'è del tartufo e le mie scarpe scivolano perché non è sottoterra dove dovrebbe essere. Non ho dormito a casa mia e ne sono felice ma i dolori che ho al collo per non aver dormito nel mio letto stanno qui a ricordarmi da dove vengo. <br />
L'abitudine tutta umana di cercare i problemi anche quando non ci sono si manifesta così. <br />
Dicono che sembri estate ma in realtà è qualcosa di più. Si può andare al mare ma senza tuffarsi perché l'acqua non bolle ancora e quindi non ci si può immergere per evadere dalla realtà. Si può restare in città ma non si è soli se non tra le folle. Non posso restare sveglio tutta la notte senza risentirne perché le giornate sono ancora dense e stanno qui a ricordarmi dove arriverò. <br />
Il desiderio tutto umano di immaginare soluzioni anche quando non se ne hanno si avverte così. <br />
Dicono che sia stato l'inverno ma in realtà è stato qualcosa di più. Mi ero solo fermato un attimo per coprirmi meglio indossando sciarpa e cappotto ma fermarmi non è stata una buona idea perché ho avvertito ancora di più il freddo. Non ho proprio potuto dormire perché se avessi chiuso gli occhi anche solo per un attimo avrei dormito sonni profondi e sarei morto assiderato. Questo sta a ricordarmi dove non posso permettermi di andare. <br />
Il bisogno tutto umano di fermarsi per prendere fiato e riflettere è stato negato così. <br />
Dicono sarà di nuovo autunno ma in realtà sarà qualcosa di più. Sarà prima dell'inverno e dopo l'estate, un momento antipodale, diametralmente opposto all'oggi. Non sarà semplicemente il futuro, no. Le cose saranno forse dove non dovrebbero essere, proprio come accade adesso ma in un altro modo. E preferirò pensare di mangiare perché vorrò sentirmi per l'ennesima volta riparato e in grado di affrontare tutto con le mie provviste e le mie riserve e se mi fermerò non sarà per dormire o riposarmi ma per pensare e mi chiederò <br />
<br />
<i>come mai non riusciamo a trapassare e perché amiamo soffermarci, <br />
come mai vogliamo però trapassare invece di soffermarci, <br />
se formattare il computer è come tagliare col passato <br />
e se tagliare col passato significhi perdere duramente qualcosa. <br />
tutto questo perché <br />
vorrei uscire <br />
e invece non mi muovo <br />
vorrei vestirmi <br />
e invece resto spoglio <br />
vorrei scrivere <br />
e invece non riesco a mettere punti.</i> <br />
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Se volessimo un finale.Andrea Perhttp://www.blogger.com/profile/02157775987778973684noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-325552644485626515.post-53809622946816074772011-03-11T01:23:00.003+01:002011-03-11T02:55:41.848+01:00Avrebbe che tempo èperché dopo un post sullo spazio è il momento del tempo. <br />
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E' notizia di oggi che qualcuno è arrivato sul mio blog scrivendo "avrebbe che tempo è" su google perciò ho pensato di facilitare le cose: da oggi in poi chi cerca troverà pure qualcosa che contenga queste precise parole. <br />
Il condizionale è un modo verbale abbastanza comune nelle lingue europee. Viene usato soprattutto per indicare un evento o situazione che ha luogo solo se è soddisfatta una determinata condizione. <br />
La possibilità che tempo è? La possibilità, ce lo rivela anche la lingua inglese, è il futuro. E' un sacrosanto diritto, sì, però è ancora più sacrosanto il diritto al presente. <br />
Nell'ultimo mese ho avuto poca garanzia di presente. Qualcosa o qualcuno è sempre stato lì, rivendicando il suo spazio nella mia vita. <br />
Ora non vorrei fare l'antipatico guastafeste della situazione ma mi chiedo come mai le persone si siano prese il diritto di rivendicare il proprio spazio nella mia vita chiedendomi in che parte del mondo mi trovassi invece di rivendicare il proprio tempo nella mia vita. <br />
Tutti mi volevano nel posto in cui non ero ed io alla fine ho ceduto: dopo mesi sono tornato nella mia città natale dimenticando le turbe che ho nell'urbe e ricordandomi che anche le turbe nascono dal nostro cattivo rapporto con il tempo più che con lo spazio. <br />
E' che ogni volta che torno nel mio spazio passato mi accorgo che è come tornare nel mio tempo passato. La mia vita è una passeggiata che ho iniziato ventitré anni fa e all'inizio della quale mi son fatto cadere qualcosa dalle mani. Le cose che ho perso per strada sono precipitate sul fondo di un pozzo e sento sempre più viva in me la necessità di recuperarle. Sapere cosa avevo con me all'inzio del percorso mi fa ricordare sempre più dove ero diretto e scendere nel pozzo a recuperare le parti di me non illuminate dalla luce è faticoso; per ogni metro che scendo incontro animaletti schifosi e mostri che mi spaventano, perdo capacità di vedere razionalmente e ogni volta che sono sul fondo con le parti recuperate mi ritrovo bruttissimo, provato e con le ragnatele e la polvere addosso. <br />
La prima volta che sono sceso nel pozzo avevo paura di non riuscire ad uscirne vivo, la seconda volta che sono riemerso alla luce del giorno avevo paura di non riuscire più a tornare sul fondo senza impazzire, l'ultima volta che sono finito in fondo mi ci hanno buttato e mentre cadevo ed impattavo temevo i segni che questa violenza avrebbe lasciato sul mio volto. Tornato questa volta nel mondo dei vivi o del presente - che dir si voglia - ho compreso che ogni volta che mi allontano da tutti mi avvicino a tutto il resto e che <br />
<br />
<i>vorrei restare sveglio<br />
( mentre dormo )<br />
e inspirare<br />
( mentre espiro )</i><br />
<br />
La possibilità che tempo è? <br />
Se cedessi ogni volta e se fossi in ogni posto in cui qualcuno vorrebbe che io stessi che tempo mi resterebbe da vivere? <br />
<i>( perdonatemi perchè o sono nullo o sono infinito )</i>Andrea Perhttp://www.blogger.com/profile/02157775987778973684noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-325552644485626515.post-79034449140993715962011-01-22T00:54:00.002+01:002011-01-25T16:30:46.208+01:00Vedervi muovere m'avrebbe dato la sicurezza di essere nella realtà e non in un dioramaovvero l'ennesima dimostrazione di quanto sia appetibile il patetismo. <br />
<br />
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E' davvero un sacco triste far colare i sentimenti attraverso il filtro anni '90 senza poter utilizzare il proprio codice di avviamento postale per fare i fichi come succedeva a Beverly Hills. <br />
Sono un credulone - in giro lo sanno tutti - tant'è che per questa volta voglio davvero dare retta al mio oroscopo: dall'alto ( Rob Brezsny ) mi è stato detto chiaro e tondo di inventare un rituale in grado di esorcizzare completamente ogni mia sofferenza sentimentale per dar luogo alla catarsi. Non voglio iniziare a parlare dei tempi che corrono, del tempo che fa, del sentirmi vecchio, del dimostrare meno anni di quanti ne abbia, non sto scrivendo per ammazzare il tempo, no. Tutto quanto ha a che vedere con lo spazio, il tempo non c'entra niente una volta tanto. Sono i posti che contano, conta il mio corpo nelle foto di Madrid, le mie facce stanche negli aeroporti, gli occhi che trapassano i finestrini del treno mentre torno dai miei, il pianto ininterrotto davanti ad uno schermo mentre mia madre mi chiede come sto. <br />
E' tutto passato, davvero e senza filtri. <br />
Sono un credulone - in giro lo sanno tutti - tant'è che per questa volta voglio davvero chiedervi come andrà a finire: chi si prende cura di me mi ha detto chiaro e tondo che non ci sono più scuse in grado di sabotare completamente ogni mia necessità vitale per dar luogo alla catarsi. Non voglio iniziare a parlare dei tempi che si dilatano, del fatto che penso due ore indietro, che pranzo e ceno due ore avanti per immaginarmi altrove nello spazio, no. Il tempo non è un rimedio allo spazio, il tempo non c'entra mai niente. E' lo spazio che conta, contano i paesaggi che ricordo e quelli che immagino, lo skyline naturale della mia città natale, il vuoto che manca, gli spazi percorsi. <br />
E' tutto in corso, forse, vi faccio sapere poi. <br />
Sono un credulone - in giro lo sanno tutti - tant'è che per questa volta voglio davvero non dare retta a nessuno e dare una chance alle possibilità: chi vive dentro di me mi ha detto che <br />
<br />
<i>se c'è uno spazio che ci distanzia<br />
non sappiamo se lo percorreremo mai <br />
in un verso o nell'altro <br />
se arriveremo a parlare <br />
come fossimo tutti e due insieme una strada <br />
o se ci capiremo <br />
grazie a segnali radio captati.</i><br />
<br />
Tutto questo perché il movimento è il cambiamento di posizione di un corpo nello spazio in relazione al tempo. Non voglio iniziare a parlare del tempo e dello spazio ma vedervi muovere m'avrebbe dato la sicurezza di essere nella realtà e non in un diorama.Andrea Perhttp://www.blogger.com/profile/02157775987778973684noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-325552644485626515.post-54304320430459025972010-11-26T20:44:00.003+01:002011-07-20T15:55:06.871+02:00"Tutto Su Mia Madre" in scena all' Eliseo: il trionfo dell'extimitàLo spettacolo inizia lentamente ed è subito chiaro che non si tratta più di Almodovar. Nessuno aveva aspettative così alte ma speravo che non venisse denaturata la natura di alcuni personaggi.<br />
Il ruolo di Agrado, assegnato ad Eva Robin's, cambia. Forse in pochi se ne rendono conto ma non si tratta più di un transessuale spagnolo: siamo di fronte ad un transessuale italiano e non è cosa da poco perché presto mi sono accorto che le "battute" - alcune ben riuscite, altre meno - sembrano pensate apposta per un pubblico tutto italiano, cresciuto a pane e bagaglino. Non mancano le volgarità gratuite e a colpi di parolaccia ( tra cazzi e vaffanculo ) il pubblico ride beato. In pochi si accorgono che il film, anzi la sceneggiatura del film, è un insieme di intimità mentre qui l'intimità appare e scompare. E' bella la scelta di impiantare lo spettacolo sul monologo di Agrado che a mio avviso è la parte più densa e allo stesso tempo scorrevole e fruibile della sceneggiatura del film, ma la sceneggiatura teatrale perde l'intimità in favore dell'extimità. Molto è buttato in pubblica piazza e sbandierato. Che si tratti di scene d'amore / passione tra Huma ( Alvia Reale ) e Nina ( Giovanna Mangiù ) con baci e pomiciate spesso superflue o di battute su cazzi e fellatio.<br />
Molto bella ed intensa è l'interpretazione di Silvia Giulia Mendola nel ruolo di suor Rosa: il personaggio va in scena con garbo ed eleganza, col giusto pudore e la giusta carica esplosiva, tutta liberata poi in quella che resta, a mio parere, la scena più bella della serata ovvero l'incontro a casa di Manuela ( Elisabetta Pozzi ) tra tutte le donne protagoniste dello spettacolo. Geniale e suggestivo è l'utilizzo delle quinte e delle proiezioni su schermo nonché l'idea del "teatro nel teatro" che accompagna lo spettatore in una sorta di dimensione metateatrale.<br />
Ammetto che non era facile portare in scena qualcosa di così denso e corposo come la creazione di Almodovar e per questo apprezzo i tentativi di alleggerire lo spettacolo con le battute e l'ironia ma assottigliare la linea di confine tra tragedia e commedia è qualcosa di molto rischioso: ieri sera mi sono reso conto che il pubblico del teatro non è stato sempre in grado di discernere e spesso sono scoppiate risate durante momenti altamente drammatici.<br />
Di sicuro è stato uno spettacolo piacevole una volta assunta l'impostazione mentale italiana ed è stato bello vedere il teatro quasi pieno. All'uscita però ( e a tratti anche durante lo spettacolo ) viene voglia di rivedere la pellicola di Almodovar, così se prima si potevano avere incertezze sulla preziosità del film adesso queste sono svanite nel nulla con la consapevolezza rafforzata che l'artista spagnolo ha creato nel '99 un capolavoro ad oggi imbattuto.Andrea Perhttp://www.blogger.com/profile/02157775987778973684noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-325552644485626515.post-81418774136932522242010-11-16T02:37:00.001+01:002010-11-16T02:45:16.363+01:00salvami sul desktopQuando passano tanti mesi dall'ultimo scarso intervento capita di chiedersi se questo blog serva davvero a qualcosa. Dal momento che ciò che faccio - me lo sono ripromesso circa ad inizio settembre - deve essere utile a me solamente senza toccare né ledere gli altri, mi è venuto natuale chiedermi se a me effettivamente serve a qualcosa. Continuando ed arrivando a dire che non tutto deve avere per forza un'utilità mi sono interrogato ulteriormente per chiedermi se almeno mi procurava diletto. La risposta è stata negativa: questo posto mi da dispiacere perché spesso ne avrei avuto bisogno in questo periodo o per lo meno sarei potuto passare qui e dirmi che le cose andavano bene o male o normalmente ed invece ho preferito tacere. <br />
Le turbe nell'urbe non sono affatto finite, sono disordini e non me ne sono liberato affatto. Anzi potrei giurare che sono davvero ciò che mi è rimasto del passato ma allo stesso modo posso quasi declassarli perché mi rendo continuamente conto che sono comuni davvero a molte persone, diventando quindi parte dei normali comportamenti o quasi di una sorta di cultura contemporanea tranquillamente condivisa.<br />
So che l'attenzione in ogni cosa va via via scemando se non spunta fuori un problema a caso in ogni cosa, che si tratti di un telefilm come di un libro come di vita reale o virtuale quindi vuoto il sacco: il problema è che io ho imparato davvero a non dover più soddisfare necessariamente gli stimoli cercando risposte o peggio improvvisandole. Ho imparato a fermarmi e stare dove mi piace stare. Sappiamo tutti benissimo che questa è la soluzione e continuerebbe ad esserlo se non fosse l'opposto di ciò che accade tra i più. <br />
Da qui, dove mi piace stare, è tutto molto irreale e suggestivo e mi piace trovarmi imbottigliato nel traffico del lungotevere subito dopo una pioggia intensa e guardare al lato mentre tutti guardano davanti perché devono correre e arrivare in tempo e sbrigarsi perché vogliono fare. Al fare preferisco il gustare e scoprirmi piacevolmente sorpreso nel trovare una coppia che gioca a nascondino tra le macchine parcheggiate o due ragazze che si scambiano i cappotti per scambiarsi anche un po' i ruoli e non solo le responsabilità. Dove tutti vedono gli stop accesi delle automobili e i semafori a scandire la vita io mi sento privilegiato perché posso vedere la purezza e l'innocenza. Mi piace stare al lato passeggero. <br />
All'università sono risorto per la seconda volta e a parte parlare dei due corsi che sto seguendo mi piacerebbe parlare dell'esame di estetica che voglio dare da non frequentante. Il numero dei libri da fare e la mole di concetti da apprendere un po' mi scoraggiano. La mole (ex grammomole, simbolo mol; il simbolo della grandezza quantità è <i>n</i>) è una delle sette unità di misura fondamentali del Sistema Internazionale. Misura la quantità delle sostanze. Non mi piace affatto parlare di sostanze perché ciò mi connette inevitabilmente alle biotecnologie. Mi piacerebbe parlare di Sostanza ma forse non sono ancora pronto e allora parliamo dei problemi, così la curva d'attenzione può tornare nuovamente a salire: l'appello dell'esame è a dicembre e il caso vuole che io abbia già prenotato voli ed alberghi per andare ad assaggiare la Spagna. Ne parlavo giusto stasera: se non ci fossero stati questi problemi ad impedirmi di sostenere l'esame probabilmente avrei compensato io e ne avrei creati alcuni, magari con qualche attacco di panico e avrei risolto tutto. Un anno fa, oggi no. Oggi avrei provato comunque, senza aspettative a frenarmi o inibirmi. Mi piace darmi una chance e se sono risorto due volte sono sicuro che non dovevo crepare davvero quando tutto sembrava dirmi di sì. Mi piace stare dove non ci sono aspettative ma desiderio. <br />
In questo status voglio darmi dei segnali di ripresa. E poco mi importa che siano di ripresa effettiva o apparente. Se si trattasse di una ripresa apparente sarei sereno lo stesso perché apparenza è chiarezza ed evidenza. Molto spesso chi vuole rimettersi in gioco sceglie di dare un taglio ai propri capelli. Lo stesso ultimo post prima di questo forse parlava di attesa da impegnare prima di andare a tagliarsi i capelli. Una situazione molto ansiogena quindi. Adesso quest'ansia non è presente e non è una mancanza perché non si tratta di un ricordo ma di un'impostazione mentale molto rigida con la quale amavo punirmi e che provo oggi a non sentire più mia. Ho pensato che potrei formattare il mio computer per darci un taglio ma siccome non sono così coraggioso ho anche pensato che magari domani telefono e prenoto un taglio per i miei capelli. Mi piace essere reale, tangibile e voglio smetterla di giocare alla persona impalpabile. <br />
Mi piace stare nei computer e nel cuore e sentirmi salvo e salvato ed è per questo che la frase più romantica che sono riuscito a pronunciare è stata: salvami sul desktop.Andrea Perhttp://www.blogger.com/profile/02157775987778973684noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-325552644485626515.post-35656577343758180212010-03-03T18:08:00.000+01:002010-03-03T18:08:18.523+01:00oggi la metro ha un certo flowSiccome sono uno che cerca di aspirare al non-banale, molto spesso con scarsi risultati, eviterò di iniziare questo intervento dilungandomi eccessivamente sul fatto che non scrivo da una vita, come invece da prassi si dovrebbe fare. <br />
La vita, nella magica ed invisibile città di Clio continua con apprezzabili miglioramenti: fare un esame è sempre cosa buona e giusta, farne uno di sei che avrei tanto dovuto fare per sentirmi una persona migliore lo è un po' meno. Ad ogni modo due sono le tematiche che voglio trattare: il cambiamento e le turbe nell'urbe, tanto per non lasciare delusi tutti coloro che approdano qui per via del titolo del blog. Si sa che ad ogni cambiamento mentale ne corrisponde uno extramentale e così anche io ho pensato bene di andare ormai un bel po' di giorni fa a tagliarmi i capelli. Ora tutti sanno quanto sia pieno il mondo di gente che si lamenta dei parrucchieri e del loro scarso senso pratico ed è proprio per non tediarvi che ho meditato molto su cosa riportare in forma scritta di quell'esperienza asintotica quale è il taglio dei capelli. <br />
<br />
DISIMPEGNI ovvero cosa fare in mezz'ora, dopo che il tuo parrucchiere ti ha rinviato l'appuntamento ma tu sei già arrivato lì con un bel po' di anticipo perchè ti reputi previdente e ti ritrovi solocomeuncane. <br />
1. dare più indicazioni stradali possibili, cercando di ricordarsi la città di Roma così come le innumerevoli visite su Google Maps ti hanno insegnato. <br />
2. farsi imbruttire da cani e porci, decine di passanti nervosi ed incattiviti da mezza giornata passata nella metropoli.<br />
3. ammirare le ambulanze che sfuggono alle auto della polizia come in un enorme gioco di guardie e ladri, tornando -perchennò- anche un po' bambini ed immaginare che il tutto si svolga su una pista playmobil.<br />
4. cercare in ogni modo di non fumare né di elemosinare una sigaretta onde evitare di riprendere il vizio, accantonato giusto due settimane fa.<br />
5. imparare a leggere i segnali del corpo e ad interpretarli nella maniera corretta. Non sempre una che all'apparenza sembra un'arzilla vecchietta bisognosa d'aiuto lo è davvero. L'ottanta per cento delle volte è invece una persona frustrata pronta ad insultare te ed ogni tuo coetaneo, additandoti come il regresso e la rovinosa fine della cività. <br />
6. cercare di capire, dal vento che soffia e dall'andamento delle nuvole, che tempo farà. Tanto per fare concorrenza ai più esperti di clima, tutti così incredibilmente nazionalpopolari, ai quali mi sono amaramente affezionato vedendoli per anni nelle nostre tristi televisioni (per la serie: anche io un giorno voglio andare a recitare previsioni meteo dalla d'urso e rivivere l'ebbrezza delle recite scolastiche di tanto tempo fa).<br />
7. riflettere a quanto tu sia stato ingenuo nel pensare che questa volta le cose sarebbero andate lisce, ignorando gli oscuri presagi e rifiutandoti di ricordare gli innumerevoli episodi nei quali hai pensato di taglaire i capelli mentre le cose, o meglio le forbici del parrucchiere, andavano storto.<br />
8. pensare di scrivere un post per il tuo blog, cercando di fare il fico e di far sorridere chi lo leggerà. <br />
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Ma io non sono così scontato, no. Io non lo farei mai!Andrea Perhttp://www.blogger.com/profile/02157775987778973684noreply@blogger.com0